Un caldo pomeriggio d’estate a Palermo negli anni '70, le strade strette e lastricate si snodano tra antichi palazzi dai balconi in ferro battuto.
I muri sono sbiaditi dal sole e ricoperti di graffiti e manifesti politici, le finestre spalancate lasciano intravedere tende di pizzo e vasi di basilico, in lontananza, si scorge il profilo delle montagne che circondano la città e il mare azzurro si staglia all’orizzonte.
Noi ragazzini giocavamo con palloni di cuoio e correvamo tra le strade, ridendo e gridando.
Alcuni anziani seduti su sedie a sdraio osservano la scena, sorseggiando caffè e chiacchierando.
È un quadro di vita quotidiana, un momento di spensieratezza e autenticità.
Per l'inizio della scuola c'è ancora tempo, godiamoci l'estate e questi momenti di spensieratezza finchè possiamo, perchè difficilmente li vivremo ancora.
E c'era U Zu Cicciu, un anziano signore seduto su uno sgabello di legno, Il suo volto rugoso racconta storie di tempi passati: la guerra, le lotte politiche e gli amori perduti.
Indossa un cappello di paglia e tiene tra le mani una tazza di caffè fumante, i suoi occhi scrutano i ragazzini che giocano, e ogni tanto sorride, ricordando la sua infanzia simile a quella dei bambini di un tempo passato.
U Zu Ciccio era un personaggio talvolta silenzioso ma pieno di saggezza, un testimone di un'epoca che stava lentamente cambiando.
Con voce rauca, narrava storie di avventure immaginarie, di marinai e di tesori nascosti.
I suoi occhi brillavano di nostalgia mentre descriveva i vicoli tortuosi, i mercati vivaci e le sagre di quartiere.
E noi ragazzini ascoltavamo rapiti, immaginando le scene che l’anziano dipingeva con le parole.
Si facevano promesse di esplorare quei luoghi, di cercare i segreti celati tra le mura antiche, e così, tra le risate e le storie, quei pomeriggi diventavano indimenticabili, intrecciando il passato e il presente in un abbraccio caldo e accogliente.