L'insurrezione
Il 27 maggio 1860, le truppe garibaldine guidate da Giuseppe Garibaldi entrarono a Palermo, segnando un momento cruciale nella spedizione dei Mille e nella storia dell’unificazione italiana.
Tuttavia, la conquista della città non fu né immediata né priva di resistenza, Palermo fu teatro di un intenso scontro tra le forze garibaldine e quelle borboniche, che opposero una strenua difesa prima di capitolare sotto la pressione dell’insurrezione popolare e dell’intervento anglo-francese.
La resistenza Borbonica e l’inesorabile declino
All'arrivo dei Mille, il capoluogo siciliano era presidiato da circa 20.000 soldati borbonici sotto il comando del generale Ferdinando Lanza.
Sebbene superiori numericamente, le truppe realiste erano demotivate e mal coordinate, ma nonostante ciò, la resistenza borbonica fu inizialmente efficace, riuscendo a contenere l’avanzata di Garibaldi grazie all’uso dell’artiglieria e delle fortificazioni cittadine.
Il bombardamento della città da parte delle navi borboniche, volto a piegare l’insurrezione locale, si rivelò una mossa controproducente, invece di spegnere la rivolta, rafforzò l’odio della popolazione contro il regime borbonico.
Le strade di Palermo si trasformarono in un campo di battaglia, con barricate erette dai cittadini e scontri violenti tra insorti e soldati borbonici.
Il ruolo della popolazione palermitana e la fine dell'oppressione borbonica
Uno degli elementi chiave della caduta di Palermo fu il coinvolgimento della popolazione civile, l’odio verso il governo borbonico, alimentato da anni di malgoverno e repressione, fece sì che molti palermitani si schierassero con i garibaldini, le donne e i giovani si unirono ai combattimenti, rifornendo gli insorti di munizioni e supporto logistico.
Gli scontri più violenti si verificarono nei pressi dei Quattro Canti, della Vucciria e del Cassaro, dove i garibaldini combatterono casa per casa contro i soldati borbonici, dopo giorni di combattimenti, la città era devastata, con edifici in fiamme e un elevato numero di vittime tra civili e militari.
La ritirata borbonica
Il confronto tra le forze borboniche e garibaldine a Palermo fu uno degli episodi più significativi del Risorgimento italiano.
Nonostante la superiorità numerica, l’esercito borbonico non riuscì a mantenere il controllo della città, anche a causa della mancanza di una strategia efficace e dell’ostilità della popolazione locale.
La battaglia di Palermo evidenziò il declino del Regno delle Due Sicilie e la forza dell’ideale unitario che avrebbe portato alla nascita dell’Italia unita.
Il 6 giugno 1860, le truppe borboniche si ritirarono, lasciando Palermo nelle mani di Garibaldi, questo evento segnò la fine del dominio borbonico sulla Sicilia e spianò la strada alla successiva avanzata garibaldina verso Napoli, contribuendo alla caduta definitiva del Regno delle Due Sicilie.
Storia e letteratura si intrecciano
Questi eventi storici, così drammatici e carichi di trasformazioni, trovano una potente eco ne Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il celebre romanzo che racconta il declino dell’aristocrazia siciliana di fronte ai cambiamenti imposti dall’Unità d’Italia.
La Palermo del 1860, con i suoi palazzi devastati dai combattimenti e le sue strade percorse dalla rivoluzione, è lo stesso scenario in cui Don Fabrizio Corbera, principe di Salina, duca di Querceta, marchese di Donnafugata assiste, con distacco e malinconia, alla fine di un’epoca.
La frase più celebre del romanzo, «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi», sintetizza perfettamente l’ambiguità del Risorgimento siciliano, dove il cambiamento era inevitabile, ma le dinamiche di potere rimanevano nelle mani di pochi.
Il Gattopardo
Nel romanzo de "Il Gattopardo", il passaggio di potere è rappresentato come un evento quasi inevitabile: la Sicilia passa dai Borbone ai Savoia, ma la mentalità isolana rimane immutata, la retorica patriottica non fa breccia nell’animo del principe Salina, che vede con lucida rassegnazione il tramonto del suo mondo.
Il romanzo e la storia si intrecciano nel racconto di un passaggio epocale che, come spesso accade, portò cambiamenti apparenti e lasciò immutate le dinamiche di potere.
Il Gattopardo ci offre una lettura più intima e disillusa di quegli avvenimenti, mostrando come, dietro le rivoluzioni e le battaglie, la Sicilia rimanesse ancorata alle sue tradizioni.
L’eco di quei giorni risuona ancora oggi nella memoria storica della città, testimoniando il coraggio e le contraddizioni di un’epoca di grandi trasformazioni.
